Dopo il primo articolo sull’argomento, ci sembra doveroso tornare a parlare di Armando Perotti per evidenziare alcuni aspetti della sua vita e dei suoi scritti che riteniamo possano risultare interessanti a chi si accinga a visitare la Puglia.
In “Storie e storielle di Puglia” (ed. Laterza), Perotti così descrive la nostra Regione:
La Puglia, riva degli imbarchi e degli approdi, terra del passaggio, sponda delle soste e dei riposi nelle migrazioni delle genti e delle idee, mi appare come il paese dove tutti i viandanti si son dissetati, han colto qualche vetta in fiore, hanno rinfrancato le membra e gli spiriti affranti innanzi di rimettersi in via. E tutti, quelli che son venuti coi volti ancor tinti di barbarie, quelli che son giunti dai luoghi dove già ardevano le fiamme della bellezza, i conquistatori e gli uomini di pensiero, i pellegrini e gli uomini d’azione, i santi e gli eroi, i famosi e gli innominati, gli individui rappresentativi e le folle ignote, tutti hanno preso, nei contatti fuggevoli o lenti con la Puglia, alcuna cosa di lei, tutti le devono qualche cosa: un atteggiamento, una tendenza, una maniera: un che dell’aroma e della sostanza indigeni. E l’han recato con sé, come un viatico, per il mondo, diffondendone i germi a fecondare altre zolle, le molecole a profumare altri aliti.
PUGLIA, NON PUGLIE
Il quotidiano “Corriere delle Puglie” conteneva una rubrica chiamata “Nelle tre Puglie”.
Contro questo uso del termine “Puglie” al plurale, che rimarcava una distinzione antica tra Daunia, Iapigia e Messapia, insorse il Perotti:
Si dice comunemente: le Puglie. Anzi, le tre Puglie. No; bisogna dire: la Puglia, al singolare […]. Giammai trinità si fuse in più unica essenza […].
Anche oggi, quando Bari è demograficamente e socialmente e politicamente la maggiore città pugliese, essa non è il centro vitale, cerebro e cuore, di tutta la Puglia, e neppure tutto il Barese.
Non importa: anzi è provvida cosa che non sia possibile da noi la formazione di un nucleo assorbitore, a detrimento degli altri, delle energie singole e degli specifici compiti: ognuno per la sua via, dietro i segni della sua fortuna, verso la sua meta, ma tutti insieme concordi per la prosperità ed il vantaggio della regione; dividendoci, secondo il proprio genio, l’opera e l’officio, gli sforzi e le sorti, agli scopi della buona convivenza e del mutuo incremento. Bellissimo spettacolo, esempio raro e felice, questo di venti, di trenta città, non gelose tra loro, ciascuna delle quali lavora e vive senza turbare la vita e il lavoro delle altre, e con le altre scambia il suo superfluo di attività e di produzione, sapendo di contribuire per la sua parte e col suo potere a comporre la trama dell’armonico divenire di Puglia […] (cfr. “Storie e storielle di Puglia”, Ed. Laterza).
Questa unicità della Puglia, così appassionatamente invocata, fu anche intensamente vissuta dal Perotti con i suoi soggiorni a Bari, a Cassano delle Murge, a Bisceglie ed a Castro, luoghi di cui indagò profondamente la storia ed a cui dedicò scritti, liriche ed energie, sempre in prima fila quando si trattava di difenderne i panorami, i monumenti, le tradizioni e le emergenze culturali; pronto a farsi portavoce degli ultimi, come quando difese il porto vecchio di Bari dalle minacce di interramento (cfr. “Bari Ignota”, capitolo “Per il porto vecchio”).
Memorabili, a suggellare queste imprese, le caricature di Frate Menotti, suo fraterno amico, che pubblichiamo in questa pagina; memorabili, altresì, i versi e gli scritti che dedicò, da barese, a Castro ed al Salento.
«Niuno più di me è debitore a quest’ultimo Salento di tanta grazia, ch’io ne pronunzio il nome con religioso fervore. Qui la congiunta bontà del suolo e del cielo educa frutti materiali e ideali di tal fragranza che il navigante, non anche in vista di Leuca, ne riconosce l’elisio aroma: qui ondeggiano al fiato del più divino mare nostro le messi per ogni raccolta, per chi sappia falciarle e trebbiarle, a trasformarsi nel buono e sano cibo per il corpo e per l’anima. Di tanta storia è pregna ogni zolla, che i semi portati da qualsivoglia vento germogliano, per magica virtù, in indigene forme, e l’uomo qui sentesi erede di così remote forze, scaturenti da così profonde polle, ch’esso sa e vantasi d’esserne il continuatore immortale […]. Di qui, per quel breve tratto di mare, che è valico non barriera, che è ponte non vallo, son passati nelle età tutti gli annunzi, tutte le correnti di genti e di idee, come ad ogni aurora vi passa la luce del sole» (da “Onoranze al Barone Di Castiglione D. Filippo Bacile – Discorso commemorativo di Armando Perotti”, Lecce, ed. Gaetano Martello, 1913).